Marco Adamo
L'Arte di interpretare
da Art Journal luglio/agosto 2011

Quando il legno incontra la fantasia nascono le tavole colorate che catturano i sogni. Per l'artista bolognese l'arte lignea è quasi un bisogno esistenziale.

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II lavoro di Marco Adamo genera un concetto di arte lignea che prima non esisteva. Nelle sue opere si offre lo spettacolo raro di quando un'idea esce dal nulla e "diventa".

È il miracolo della prima volta, quando l'enigma di un evento inedito provoca lo scoccare di un nome.

Il lavoro di questo artista è un modo di scoprire il proprio presente e di fondare la propria identità.

L'arte di lavorare il legno, con la quale Marco Adamo si esprime, ha una lunga storia nei secoli, usata fin dalle più antiche civiltà orientali e mediterranee per la decorazione di piccoli, raffinati oggetti di arredamento.

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Il sentimentalismo con il quale Marco Adamo elogia l'arte di Van Gogh, nella sua prima opera "Incontri - La natura oltre il presente", non si rivela particolarmente originale, ma i materiali adottati e l'assemblaggio così incredibilmente sapiente la rende comunque unica.

Già in questa prima opera si può individuare una grande maestria e conoscenza dei materiali lignei e un'inclinazione all'originale.

La creatività dell'artista si vede sfociare in un realismo concettuale evoluto già nella sua "Donna di cuori" che segna l'espressionismo verso il quale si dirige l'artista, senza mai dimenticare le origini ben radicate in lui.

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Marco Adamo insomma sembra identificarsi di volta in volta con ì temi e le storie di ciò che apprezza proiettandovi se stesso, creando così la radice del suo pensiero sull'arte.

Per lui è necessario che l'arte si faccia portatrice di un messaggio, ma soprattutto che dia voce alle intime convinzioni dell'artista: solo se il pittore è onesto con se stesso riuscirà a creare originalità.

Le opere di Marco Adamo non devono essere considerate come un dato di fatto, ma come una ricezione capace di metabolizzare l'arte lignea con gli strumenti e negli scenari della modernità e quell'arte torna ad essere percepita diversamente, è un'apocalisse che ha un nome: interpretazione.

Federica Pasini
critico e storico dell'arte

 

Opinioni a "prima vista"

"Afferrare una stella"

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L'opera ci mostra un momento notturno molto marcato. La figura femminile sdraiata ed il movimento sinuoso della collina non sono toccate dal fascio luminoso che proviene dalla luna, espresso dalle sfumature che sembrano provenire dalla sinistra del quadro. Può sembrare un'osservazione ovvia, ma il titolo del quadro "Afferrare una stella" ci indica un percorso interpretativo che dissolve la semplicità dell'osservazione.

Il corpo femminile, sdraiato su un fianco ha tratti morbidi, curvilinei e gentili. La collina a sua volta mostra simili caratteristiche, ma il movimento ondeggiante è in aperto contrasto col soggetto femminile in primo piano. È un contrasto che però non divide, non porta ad una contrapposizione tra le due figure. Al contrario le unisce, le fonde insieme, le complementa come due tasselli. Laddove le linee della donna sono concave ecco che quelle della collina sono convesse. Il tratto gentile di entrambi i soggetti li unisce senza che uno prevarichi l'altro.

È qui il principio di condivisione della scena. Si contrappongono senza prevaricare l'uno sull'altra, condividendo lo spazio espressivo unite dallo stile ondulatorio.

Entrambe hanno tonalità olremodo scure se si considera la fonte luminosa che sfumando accarezza il cielo soprastante. Anche questo è un ulteriore carattere accomunante della donna e della collina. Proprio questa scelta cromatica pone l'accento sul cielo stellato. Le sfumature di luce sembrano voler indirizzare l'attenzione sulle stelle rappresentate sul quadro. Chiare, limpide, al centro del quadro, che fisse attraversano e sovrastano nella loro timida presenza ciò che sta loro sotto. È nella loro molteplicità, nella carezza che ricevono da quel flebile fascio di luce, che ricevono l'investitura di vere protagoniste. E qui si ritorna al titolo dell'opera "Afferrare una stella". Una donna sdraiata che condivide i tratti gentili della femminilità con la madre terra rappresentata dalla collina. Una donna che ancora non ha scelto quale delle stelle afferrare. Loro sono là, fisse nella volta celeste. Sfiorate da una foschia di luce che le risalta come fari su un palcoscenico. Stando lì in attesa di essere afferrate.

dott. Marcello Trazzi
laurea in discipline semiotiche